La riunione
Alla Conferenza, per una più autentica adesione alla propria origine e allo spirito vincenziano, si suggerisce il seguente metodo di conduzione della riunione settimanale o, almeno, quindicinale.
La meditazione
In ogni riunione, che inizia con la preghiera liberamente scelta, viene letto un brano inerente a un tema di spiritualità. Questa lettura deve essere in sintonia con la tematica annuale proposta dal Consigliere spirituale nazionale ed impostata come ascolto della parola di Dio da incarnare nella propria vita.
Ciascun membro – a turno – partecipa agli altri ciò che la lettura gli ha suggerito e sviluppa quegli aspetti di essa che lo hanno colpito maggiormente.
L’analisi
La seconda parte della riunione è dedicata alla presentazione delle situazioni che emergono dalle visite effettuate e dalle situazioni dei casi assistiti.
Al momento della loro esposizione ci si astiene dal dare giudizi su quanto succede e sulle persone e famiglie coinvolte. I fatti vanno considerati per se stessi e servono di punto di riferimento per analizzare come la Conferenza si pone di fronte ad essi ed eventualmente come si pongono la società civile ed ecclesiale.
Così man mano che si approfondiscono tutte le situazioni, si ha l’opportunità di verificare se il modo di essere cristiani e vincenziani è autentico e coerente con la meditazione fatta.
L’azione
L’obiettivo da raggiungere è risolvere le situazioni affrontate nell’immediato, colmando le carenze più urgenti e, a lungo raggio, rimuovendo le cause che le hanno determinate.
Ciò potenzia e suscita i presupposti per una crescita umana autentica, che permetta di vivere la quotidianità con la responsabile consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri.
Contemporaneamente, occorre denunciare i disservizi e le distrazioni che hanno permesso e talvolta causato la situazione di bisogno, proponendo nuove soluzioni.
In questo contesto la funzione specifica della Conferenza è di:
- realizzare i ruoli aggiornati della San Vincenzo
- sentirsi parte attiva e integrante del proprio Consiglio di appartenenza
- mettersi in sintonia con i vari gruppi ecclesiali, in particolare della propria parrocchia, per attuare un’attività pastorale caritativa che miri, nell’unità, al bene comune e promuova la partecipazione degli ultimi alla vita della Chiesa
- promuovere e curare il rapporto responsabile di persone vincenziane con le strutture pubbliche operanti nel territorio
La colletta
Segno di condivisione, almeno in parte, anche se piccola, dei propri beni con i poveri, è la colletta, attuata prima del termine di ogni riunione, cioè la raccolta segreta delle offerte da parte di tutti i soci presenti. Viene praticata fin dal giorno in cui nacque la prima Conferenza di Carità. Essa ha una valenza pedagogica ben precisa. Infatti costituisce un gesto di compartecipazione economica solidale tra i membri della Conferenza, ma soprattutto deve essere vista come un segno di giustizia distributiva nei confronti di coloro che meno hanno. Non possiamo dimenticare quanto facevano i cristiani di Gerusalemme: “Mettevano tutto in comune: chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno“. (Atti, 2,44-45)
La contribuzione alla colletta è un atto libero ma non simbolico; ognuno deve partecipare in coscienza secondo le proprie possibilità e in rapporto alle esigenze dei fratelli nel bisogno.
I verbali
La verbalizzazione di ogni riunione così come la compilazione dei rendiconti annuali sono indispensabili per:
- evidenziare il cammino fatto e quello da fare
- ricordare gli argomenti trattati, i casi affrontati e le metodologie scelte
- suscitare all’interno della Società di San Vincenzo uno scambio comunitario, vero e stimolante
I rendiconti annuali portano infatti alla conoscenza, a livello nazionale, delle iniziative intraprese e a farne una sintesi organica e propositiva. Aiutano inoltre a comprendere quanto urge e quale strada sia da percorrere per poter agire, singolarmente e comunitariamente, con spirito cristiano, perché la società e le strutture siano più giuste e più umane. Scrivere verbali e relazioni non è perciò un adempimento burocratico, ma un contributo prezioso alla crescita della Conferenza e della Società.
La riunione si chiude con la Preghiera dei Vincenziani.
La visita al povero
Il profondo significato spirituale e sociale della visita al povero è già stato sottolineato. Sotto il profilo operativo va ugualmente sottolineata la stretta reciproca correlazione che c’è tra la riunione di Conferenza e la visita al povero. Devono essere entrambe colte come momenti di un medesimo impegno. Senza il rapporto diretto con il povero la Conferenza non trova significato e la stessa visita al povero se non è motivata dalla riunione di Conferenza si riduce ad un semplice aiuto materiale più o meno consistente.
La visita è sempre, possibilmente, un rapporto con la famiglia del povero nel suo domicilio, ma oggi dobbiamo incontrare il povero nei luoghi più diversi: sulla strada, nell’ospedale, nel carcere, nel ricovero ed ovunque egli si trovi, spesso solo ed abbandonato.
Il rapporto con il povero deve essere diretto e personale, non è tanto frutto di una spontanea inclinazione di solidarietà, quanto di una deliberata volontà di fare qualcosa per e con lui, senza giudicare se ne sia degno o meno, se corrisponderà o no alle nostre preoccupazioni.
La visita ha sempre di per sé un significato altissimo, perché mira a stabilire un contatto fraterno almeno sul piano umano. Ma non è facile farsi accogliere, occorrono delicatezza e discrezione, cortesia e cordialità, capacità di ascolto e rifuggire da ogni rischio di superiorità e paternalismo. Il povero non deve mai sentirsi obbligato verso di noi.
E la visita deve andare, tuttavia, sul concreto, affrontare problemi reali, essere in armonia con le esigenze del povero. La nostra prestazione materiale deve corredarsi di competenze professionali e sociali e non rimanere nel vago e nell’approssimativo, per farsi giuda efficace alla promozione, anzi all’auto-promozione, della persona del povero.
È questo “stile” di visita che renderà possibili momenti comuni di spiritualità con il povero, anche nella sua casa, per quella maturazione reciproca che permette al visitatore di tanto ricevere prima ancora di dare.